Cristianesimo

Il Cristianesimo ebbe inizio con la vita, la predicazione, la morte, la risurrezione e l’ascensione di Gesù, un uomo di origine ebraica, che i cristiani riconoscono come il Figlio di Dio. Le sue radici, però, risalgono alla tradizione ebraica, dato che il Cristianesimo si presenta come Nuova Alleanza o Nuovo Testamento, in chiara relazione con un elemento più antico. La vita di Gesù, il quale si autocomprendeva come Cristo o Messia, e le prime interpretazioni su di lui, sono raccolte nel Nuovo Testamento, un corpus di 27 scritti che include i vangeli, le epistole o lettere, e altri scritti tutti risalenti al I secolo.
Ognuno di questi scritti riconosce che Gesù era, ed è, la personale iniziativa di Dio al fine di instaurare il suo regno nel mondo. Il potere di Dio sul mondo fu annunziato da Gesù mediante l’insegnamento, il perdono dei peccati e le guarigioni, al punto tale che sembrò essere Dio stesso a parlare e operare in lui per dirla con le parole di Gesù: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Giovanni 14,9).
Tuttavia Gesù parlò di Dio e con Dio chiamandolo “Abbà”, “Padre”, percependolo come distinto da se stesso. Ciò portò i primi cristiani a credere che Gesù fosse sia Dio sia uomo. Dalla fede che “è stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo” (Seconda Lettera ai Corinzi 5,19) scaturirono le dottrine basilari del Cristianesimo: l’incarnazione, la cristologia, la teologia trinitaria, la soteriologia. Poiché Gesù nacque come un vero essere umano (egli chiamava se stesso “il Figlio dell’uomo”, che nella Bibbia ebraica significa “chi é nato per morire ma sarà salvato da Dio al di là della morte), molti cristiani hanno una gran devozione verso sua madre, Maria. E’ per il concepimento e la nascita di Gesù, che l’incarnazione divenne possibile.Gesù era un ebreo ortodosso e il cristianesimo ebbe origine come setta del giudaismo: non è certo che Gesù intendesse fondare una religione distinta. I suoi discepoli lo accolsero come il Messia – termine ebraico che significa  colui che è unto  e che in greco si traduce con Cristo atteso dagli ebrei. All’inizio i cristiani furono selvaggiamente perseguitati, ma alla fine l’imperatore Costantino adottò il cristianesimo come religione ufficiale dell’impero romano. Nei due millenni successivi esso si diffuse fino a diventare una forza dominante della cultura occidentale.
Con la parola cattolicesimo si indica la religione predicata dalla chiesa romana. Il cattolicesimo riconosce come unica guida il papa di Roma detto anche pontefice o santo padre, che è considerato “il vicario di Cristo sulla Terra”. La chiesa romana si definisce in quattro punti fondamentali: una santa, cattolica e apostolica (cioè missionaria). Il termine cattolico deriva da due termini greci: kata, vale a dire secondo/riguardante, e holos, cioè totalità. Ha dunque il significato di universale ed evoca ciò che include tutto. Lo spirito del cattolicesimo si esprime nella totalità anziché nella parzialità, nell’universale anziché nel particolare.
La cattolicità è l’attributo del cristianesimo inteso nella sua completezza. In qualche modo può essere collegato al fatto che Gesù è Signore e Re sopra tutta la realtà, il Signore dei Signori e la chiesa può quindi essere compresa come una realtà universale sotto la Sua giurisdizione. Mentre molte religioni s’accontentano di limitare la propria influenza ad un luogo, il cristianesimo insiste sulla sovranità universale di Gesù Cristo.
Da un punto di vista storico, si può dire che i Padri della chiesa ritenevano che dove vi era Gesù, là vi fosse la chiesa cattolica (Ignazio, Smyrn. 8,2). Quando in seguito il termine figurò nel Credo apostolico, “cattolico” si evocò l’universalità della chiesa e quindi la sua unità. Accanto a questo significato giunse anche quello di “ortodosso”. Verso la fine del secondo secolo, infatti, quando le eresie divennero una crescente minaccia, il termine cattolico divenne l’equivalente di giusto. Il cattolicesimo romano si presenta oggi come una realtà assai precisa anche se multiforme, e quindi si può cercare d’indicare alcuni dei suoi tratti principali.
Anche se al suo interno si possono discernere componenti diverse (teologia agostiniana, tomista, gesuita) e contrastanti, il cattolicesimo romano possiede alcuni elementi unificanti, favorito in ciò, dall’autorità papale. Per quanto concerne la nozione di rivelazione il cattolicesimo romano afferma l’esistenza di una rivelazione naturale in grado di provare l’esistenza di Dio su base razionale e una rivelazione più specifica che consente alla fede di accedere ai misteri attraverso la guida della chiesa che li ha ricevuti in deposito.
La fede apostolica, di cui la chiesa cattolica sarebbe depositaria, è costituita dalla Scrittura e dalle tradizioni per questo la Bibbia non costituisce l’unica norma per il pensiero e l’azione. Per quanto concerne la nozione di mediazione, pur riconoscendo il carattere unico della mediazione di Cristo, il cattolicesimo non esclude e anzi assume che vi siano anche mediazioni secondarie che traggono da Cristo il loro valore. Si afferma che il Figlio, volendo assumere l’umana natura per redimerla e nobilitarla e stringere un mistico connubio col genere umano, cercò il consenso della Vergine (DS 3274).
I sacerdoti stessi sono così considerati ministri del vero mediatore e sono in grado di conferire nel nome di Cristo i sacramenti della salvezza. La chiesa istituzionale è concepita come il prolungamento dell’incarnazione di Cristo dando luogo ad una sorta di fusione. Sul piano pratico, il cattolicesimo mostra una notevolissima capacità di dialogo che, gli consente di avvicinarsi alle più disparate esperienze religiose e di porsi come un punto di riferimento privilegiato. La continua attenzione per il mondo circostante gli consente di esercitare una forte autorità morale.
L’Ortodossia è prima di tutto ortodossia di vita e non ortodossia d’indottrinamento, essa fin dal principio, non spicca come una dottrina o un’organizzazione esterna, non da una norma esterna di comportamento ma indica una vita spirituale, un’esperienza spirituale e un percorso spirituale. La sostanza del Cristianesimo è vista in un’intima attività spirituale. L’Ortodossia non si identifica con una forma legale di cristianesimo (nel senso d’un insieme di norme razionali e di leggi morali) quanto, piuttosto, con la sua forma più spirituale. Questa spiritualità e misteriosità dell’Ortodossia hanno spesso contribuito a determinare la sua esterna debolezza.
La Chiesa ortodossa non è mai stata soggetta ad una singola autorità esterna, la forza che l’unisce è data dalla stabilità della sua intrinseca tradizione, infatti, rispetto alle altre forme cristiane, l’Ortodossia è quella più vicina all’antichità cristiana. La Chiesa ortodossa non è definita da concetti razionali, viene espressa in concetti solo per coloro che vivono in essa, per coloro che sono uniti alla sua esperienza spirituale. Le forme mistiche del Cristianesimo non sono soggette ad alcun genere di definizioni intellettuali, non posseggono alcuna firma giuridica o razionale. Fare teologia in maniera genuinamente ortodossa significa fare teologia sulla base dell’esperienza spirituale.
L’Ortodossia è quasi totalmente mancante di manuali scolastici, comprende se stessa attraverso la religione trinitaria; non con un astratto monoteismo ma in un concreto trinitarismo. La vita della Santa Trinità è riflessa nella sua vita spirituale, nella sua spirituale esperienza e nel suo percorso spirituale. La Liturgia Ortodossa inizia con le parole: “Benedetto è il Regno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Ogni cosa inizia dall’alto dalla Triade divina, dall’altezza della sua Essenza, non dalla persona e dalla sua anima. Nella comprensione ortodossa è la Divina Triade che discende non la persona che ascende.
L’Ortodossia è principalmente liturgia, difatti, il popolo cristiano è informato e illuminato non solo dai sermoni e dall’insegnamento ma dalle liturgie che infondono e adombrano la vita trasfigurata. La liturgia insegna attraverso, la vita dei santi, incoraggiandone il culto. La peculiare caratteristica dell’Ortodossia è la libertà, questa realtà interiore non è osservabile all’esterno ma è presente dappertutto. L’ammissione della libertà di coscienza distingue radicalmente la Chiesa Ortodossa da quella cattolica. Inoltre, l’individualismo è estraneo all’Ortodossia.
Il Protestantesimo afferma che Gesù Cristo è unico mediatore fra Dio e l’umanità, vale a dire che non c’è bisogno di altri poiché, nella sua vita e nelle sue opere, ha distrutto la differenza tra “sacro” e “profano”: incontrando i peccatori, le prostitute, a gente di cattiva reputazione, ha annunciato la loro salvezza, l’amore di Dio al di là di ogni barriera sociale e religiosa. Egli ci ha mostrato che nella vita nuova il Lui non c’è più bisogno di persone speciali. La questione è quella delle “funzioni”, che sono l’espressione dei doni dello Spirito Santo, dato a tutti i credenti: e ciò che è chiamato “sacerdozio universale dei credenti”.
Per questa ragione il pastore e la pastora non sono “preti che si possono sposare”, ma sono piuttosto degli “esperti di Bibbia” a disposizione della comunità, perché tutti i credenti possono predicare ed amministrare i sacramenti. Il termine “protestante” è un buon riferimento al movimento della Riforma. Un protestante, quindi, in senso proprio, non è solo uno che protesta contro la corruzione, gli abusi, e l’apostasia del papismo, ma che pure rende fedele testimonianza ai principi fondamentali dell’Evangelo, come sono presentati dalla Parola di Dio.
La protesta è anche contro ogni forma di umanesimo che, mettendo l’essere umano al centro dell’attenzione come unico punto di riferimento, non dia la gloria che Gli è dovuta, come pure contro ogni forma di corruzione e di decadimento dai principi che potrebbero manifestarsi persino al suo interno. Il punto centrale che spinge Lutero a rompere con Roma è quello della cosiddetta giustificazione: come faccia l’uomo a salvarsi se resta, anche dopo il battesimo, peccatore. Un certo cattolicesimo, contemporaneo a Lutero, dava la sensazione di sottovalutare tale problema, come se il raggiungimento della salvezza fosse casa facile.
Il punto culminante di tale, diciamo così, “spensieratezza” era la pratica delle indulgenze, che alcuni predicatori presentavano in termini scandalosamente meccanico-esteriori: come se bastasse fare una offerta di denaro, per garantire la salvezza eterna di un parente defunto. Lutero invece avvertiva il problema della propria salvezza con tormentosa angoscia. Tale tormento va collegato al fatto che la Chiesa del suo tempo sottolineava poco la dimensione di novità del Cristianesimo, per insistere invece di più sulla osservanza di leggi etiche.